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Ogni tanto, quando mi trovo da solo nell’intimità del mio studio, proprio quando sono sicuro che nessuno mi stia guardando, mi capita di andare a sbirciare su YouTube le antiche pubblicità televisive degli anni ’80 o ’90 e, a volte, quando sono proprio sicuro sicuro, vado addirittura ancor più indietro nel tempo e mi concedo la visione di qualche carosello.

La prima cosa che risalta e si manifesta alla mia mente è la semplicità del messaggio promozionale che diventa quasi banale di fronte a un cervello ormai posto sotto l’egida di un complesso quanto drammatico processo di raffinazione, abituato sempre più a scovare i processi manipolativi insiti nel linguaggio pubblicitario.

 

La pubblicità di un tempo mi affascina proprio per la sua semplicità

 

Lo storytelling messo in scena con regole che funzionano o che funzionavano. Ricordo bene quanto era buona e di qualità la Viennetta Algida, prodotto che oggi, con la mia nuova consapevolezza un poco new age un poco più attenta alla qualità degli ingredienti, non potrei neanche immaginare di comprare pensando a tutti gli sgradevoli inquilini chimici che la abitano.

 

 

 

 

L’ultima fetta della Viennetta

La magia delle vecchie pubblicità

Per scrivere questo articolo sono andato a dare un’occhiata alle antiche pubblicità di questo prodotto e mi scappa un sorriso caldo, familiare di fronte a cotanti capolavori. Immagino questa opera collettiva che avrà sicuramente coinvolto creativi, attori, operatori, fotografi, costumisti come nella migliore tradizione cinematografica e che restituisce uno spot sicuramente molto più suggestivo e coinvolgente attraverso inquadrature, movimenti di macchina, transizioni e montaggio.

 

Tornando alla pubblicità, la Viennetta servita su una tavola ben apparecchiata in modo raffinato all’interno di una sala di un castello dove sta per compiersi il delitto in uno scenario così ricco di suspence da fare invidia ai più famosi film di Hitchcock (sto esagerando un po’).

I commensali si contendono l’ultima fetta del dolce ovviamente servito su un vassoio lussuoso 100% argento e, a un certo punto la luce che va via e, come se fossimo in una pellicola di cinema noir, al ritorno della luce, l’evidenza dell’ambita fetta ormai scomparsa.

La voce fuori campo contribuisce a creare l’alone di mistero quasi cluedico (da Cluedo – s.m. [dall’ingl. Clue, «traccia»] gioco da tavola molto in voga negli anni ’90 che riproduce l’atmosfera dei libri gialli) che caratterizza l’atmosfera generale della rappresentazione.

 

 

 

 

Aggiungi un posto a tavola

Adesso, che io sia invogliato o meno a prelevare una Viennetta dal banco surgelati e dirigermi verso la cassa del supermercato per pagare è qualcosa di cui si può parlare, tuttavia sentire mia madre, figlia a pieno merito di quell’epoca (diciamo che io mi considero più come un nipote di quell’epoca) che discute con mio zio se la Sottiletta Kraft è più buona del Formaggino Mio, tendo affettuosamente a rabbrividire. Prodotti che non considero nemmeno formaggio! E che ci sia addirittura una disquisizione così dettagliata per me che amo comprare il formaggio direttamente nei masi o, nel peggiore dei casi, ai bordi delle strade da venditori ambulanti, produttori o sedicenti tali, che non sai mai come lo fanno ma che comunque sei quasi sicuro che sia formaggio, mi richiede un enorme sforzo di comprensione per non entrare nel giudizio. Come dicevo prima, mia madre è figlia della televisione, è cresciuta accompagnata dalle incredibili suggestioni che fuoriuscivano e fuoriescono ancora da questa scatola piena di sogni e di magia, di balletti e di vestiti tanto impregnati di paillettes luccicanti.

 

 

 

 

Lo ha detto la TV

Mia madre fa parte di quella generazione che nel bel mezzo di una discussione ti tira fuori l’inoppugnabile argomentazione davanti la quale non mi resta che alzare le mani e arrendermi di fronte a tale evidenza: “Lo ha detto la TV”. È vero, lo ha detto la TV e per lei è la sacrosanta verità.

 

La TV ha vissuto un tempo in cui è stata veramente autorevole

 

Al principio era così. Ai tempi di “Informare, Educare, Intrattenere”. Quando portava la lingua italiana nelle case di tutti contribuendo all’alfabetizzazione del Paese (mica male per un pezzo di plastica!). O perlomeno così era sicuramente prima di diventare un modello di comunicazione prettamente commerciale. Il che corrisponde più o meno con la scesa in campo di Silvio Berlusconi (ve lo ricordate?). Credo di potermi considerare fortunato, alla stregua di chi ha vissuto il passaggio dalle carrozze alle automobili, dal pony express all’avvento del telegrafo, perché anche in questo caso di trasformazione si tratta. Ne sono rimasto molto affascinato. Non a caso nel mio curriculum universitario posso menzionare un unico 30 cum laude proprio in Storia della radio e della televisione.

E che gran lavoro hanno fatto quei mostri sacri all’interno dei templi della conoscenza quali sono le università e, ancor più nello specifico, i docenti delle facoltà di Scienze della Comunicazione sparse per il mondo quando hanno iniziato a insinuare il tarlo del dubbio relativamente alla bontà del mezzo televisivo. A partire da Marshall McLuhan sino ad arrivare al nostrano Sartori che, nella sua opera “Homo videns”, racconta la televisione come culturalmente regressiva.

 

 

 

 

Io nipote della TV

Il dibattito resta ancora aperto nonostante la velocità di cambiamento del mondo dei mass-media. E ovviamente non sarò io con questo articolo a dipanare una matassa che lascio ben volentieri agli addetti ai lavori.

Io la posso raccontare solo da un punto di vista “umano”. La televisione mi ha fatto compagnia negli anni e non posso negarlo. Buono o cattivo che sia il suo insegnamento, sarebbe un tradimento dichiarare mancanza di affetto nei confronti di tale mezzo di comunicazione.

Come ho detto poco più sopra, mi dichiaro nipote della TV e come tutti i nipoti della TV, non guardo la TV però la amo in gran segreto. Se entro in un ristorante che ha la TV accesa, cerco un tavolo distante da essa per darmi un tono con gli amici però la sbircio quando posso, quasi senza farmi vedere. Attivo il superpotere della vista periferica attraverso l’uso della coda dell’occhio.

Io sono nipote della TV, o del TV? Rivelazione di genere che mi ha scioccato profondamente ma questo potrebbe essere il tema di un altro articolo… dicevo, e se io sono nipote, la TV allora è nonna e la relazione tra nipote e nonna, si sa, non è uguale alla relazione figlio e madre. Si raggiunge, nel primo caso, un livello di affettività scevro dalle regole tipiche della buona educazione di un tempo perché ci pensano i genitori mentre i nonni ti possono amare liberamente e per me che quasi non ho avuto questa possibilità, faccio un bel transfert carpiato con avvitamento a sinistra e abbraccio la TV come se fosse la nonna che non ho mai avuto, però sto bene attento! Lo faccio solamente quando mi trovo da solo, proprio quando sono sicuro che nessuno mi stia guardando.
 

IMMAGINE DI COPERTINA TRATTA DAL FILM L’implacabile (The Running Man).

 

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