C’è chi gli dà contro dandogli dei fannulloni, chi li idolatra come Madonna ai tempi d’oro e chi dice di ignorarli ma poi sa ogni cosa del loro privato. Gli influencer sono sulla bocca di tutti, volenti o nolenti. Ma come funziona davvero il loro mercato e perché un’azienda dovrebbe rivolgersi a loro per le proprie strategie di marketing e comunicazione?
Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza e di togliere un po’ di pregiudizio, partendo da alcune definizioni semantiche.
Poco sopra anche io ho impunemente denominato tutti come INFLUENCER, ma questa definizione è parziale. Il mondo dell’influencer marketing prevede infatti due tipologie di professionalità: influencer e creator (o talent).
Chi sono e cosa fanno gli influencer
Gli influencer sono personaggi che diventano noti online, non per particolari doti professionali, ma per una naturale e innata dote comunicativa che ne rende interessante lo stile di vita. Il loro modo di vestire, di parlare, di mangiare, di vivere in generale, diventa ispirazionale per alcuni che desidererebbero averli come modelli. Per quanto questo tipo di definizione faccia storcere il naso a molti, l’influencer non è certo figura nata con il web. Da James Dean passando per Paris Hilton, è da decenni che guardiamo a personaggi noti (a volte senza ragione apparente) per poterne copiare stile e gusti.
Gli influencer condividono sui loro social molti aspetti della loro vita privata, hanno un seguito molto elevato, un grado di interazione con i loro contenuti da medio ad altissimo e un potere di conversione diretto o indiretto altissimo. Detto in soldoni: fanno vendere.
Alcuni nomi noti? Chiara Ferragni, Giulia De Lellis, Paola Turani, ecc
Chi sono i Creator e di cosa si occupano
I creator sono creatori di contenuto, ovvero persone con un particolare talento nel realizzare foto, video o testi di un certo pregio e/o affini e funzionali per le dinamiche social media. Possono non avere un volto online ed essere noti solo per le loro creazioni, oppure essere protagonisti dei loro stessi contenuti. Possono scegliere di non condividere il loro privato, ma devono avere una precisa strategia comunicativa che li renda solidi e riconoscibili, un loro sistema valoriale e tematico e una particolare costanza nella condivisione dei contenuti editoriali.
Anche qui nulla di nuovo sotto il sole del panorama mediatico. Cantanti, attori, ballerini, sono creator di altri contesti mediatici. La differenza con i creator del web la fa l’autonomia nell’imbastire e pubblicare i contenuti editoriali, rendendo spesso alcuni di questi artisti delle vere e proprie case di produzione che scrivono, realizzano, pubblicano e curano tutti i loro contenuti quotidianamente.
I creator hanno audience di varia grandezza e un grado di interazione con i loro contenuti alto o altissimo. La loro capacità diretta di generare vendite non sempre è alta, ma quella di creare solidità attorno ad un brand è elevatissima. Volete che al vostro brand vengano associati particolari temi o valori per aumentarne la solidità e l’awareness? Allora sono assolutamente perfetti per voi!
Alcuni esempi? The Jackal, Mattia Stanga, Khaby Lame.
Come realizzare una campagna di influencer marketing
Abbiamo capito un po’ meglio chi sono e cosa fanno (anche se ci sono decine di micro distinzioni e ibridazioni sulle quali non mi dilungherei), ora cerchiamo di capire meglio come un brand può approcciarsi al mondo dell’influencer marketing.
Anche in questo caso, le modalità sono molte e possono anche essere mixate tra loro per ottenere le performance migliori.
Seeding
Il seeding è una modalità molto blanda per un brand di entrare nel mondo dell’influencer marketing. Prevede la possibilità di inviare in omaggio un proprio prodotto o servizio ad alcuni personaggi del web. Per portare a buoni risultati, gli influencer selezionati devono essere del tutto affini al brand e devono avere audience interessanti per il brand stesso.
Quindi no, regalare un vostro prodotto al vostro amico calciatore/attore/modello/instagram famous non vi farà sbarcare il lunario
Questo tipo di attività non comporta nessun obbligo da parte dell’influencer, che quindi può anche decidere di non mostrare mai il prodotto ricevuto in omaggio. Per questa ragione è buona norma, quando si approccia questo tipo di attività, coprire un alto numero di influencer per evitare la troppa dispersione. Questo anche perché l’obiettivo di questo tipo di campagne è lo spread the voice, ovvero la possibilità che il nome del vostro brand possa arrivare a più persone possibili.
Se il talent richiede una retribuzione economica per parlare liberamente di un prodotto o servizio, si parla di paid collaboration e non più di seeding.
Campagne testimonial
Esistono dalla notte dei tempi, da quando Marilyn Monroe baciava le bottiglie di Coca-Cola e Nike chiamava un suo modello di scarpe Jordan come il Michael che le ha sempre indossate. Le campagne testimonial con talent e influencer non differiscono in nessun modo con quelle fatte dagli altri sistemi mediatici, con l’unica differenza che, quando si sfrutta un volto noto online per delle campagne social, le performance schizzano alle stelle.
Branded content
È una delle forme più sofisticate di collaborazione. Prevede la possibilità che un influencer o creator produca un contenuto in cui, prima ancora di parlare di un prodotto o di un brand, ne comunichi a suo modo i valori e i temi cari. Alcuni esempi hanno fatto la storia di questo settore creando un circolo virtuoso in cui il creator ha un contenuto di valore per la sua community e un brand trasmette all’audience non solo le informazioni circa il proprio prodotto o servizio, ma anche i valori di riferimento, consolidando così la propria reputazione digital e non.
E poi il mondo degli eventi, l’affiliation marketing, gli ambassador program, ecc… Sono molte le possibilità di attivazione, che possono garantire numerosi obiettivi ad un brand lasciando nelle mani di terzi l’onere della produzione e distribuzione di un contenuto su audience altrimenti davvero difficilmente raggiungibili.
Insomma, un’enorme miniera di possibilità e potenzialità, troppo spesso bollata in maniera negativa.
A cura di:
Nastasia Felici, laureata in Comunicazione allo IULM di Milano, Communication Consultant e Social Media Strategist da 15 anni. Ha lavorato alla presenza digitale di Roberto Saviano, Camihawke, The Pozzolis Family, Le Coliche, Willwoosh e davvero moltissimi altri personaggi e creator. Ha individuato un metodo personale nella stesura della consulenza strategica, permettendo così a brand, professionisti e artisti di ottenere i loro obiettivi, attraverso gli strumenti della comunicazione.
IMMAGINE DI COPERTINA TRATTA DAL FILM Bugiardo bugiardo.
Che fai, te ne vai senza aver letto questi?