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Non citofono, la porta di giù è aperta. Forse è stata lasciata così da un corriere Amazon. Entro senza farmi troppi problemi. Mi avvicino alla cassetta delle lettere. È piena di posta. Prendo una busta e la apro. È una bolletta. Non so cosa mi ha spinto a farlo. Forse è la curiosità, forse è il desiderio di sapere qualcosa di te. Continuo a sfogliare la posta. Trovo una lettera e una pubblicità di un negozio di vestiti. Scansiono cercando di trovare qualche indizio, ma non trovo nulla. La posta è noiosa e insignificante probabilmente come te. Arrivo al piano di sopra davanti alla tua porta. È chiusa, ma la chiave è nella toppa. La casa è piccola e semplice: un divano, una TV, una cucina. Un luogo banale dalle pareti gialline che trovo già irritanti. Sto invadendo la tua privacy? Machissenefrega! La prossima volta impari a non chiudere a quattro mandate. Mi giro per andarmene, ma poi vedo una foto. Sei sorridente e felice: sembri proprio un coglione.

 

Casa tua è il tuo spazio personale, un luogo dove ti senti al sicuro e protetto. Il tuo profilo social è un’estensione della tua persona, un luogo dove condividi le tue idee e le tue esperienze con gli altri. Una persona che entra a casa tua senza permesso sta violando la tua privacy e la tua sicurezza. Un utente che lascia un commento pieno d’odio sul tuo profilo social è un’invasione della tua persona e della tua dignità. In entrambi casi è un gesto carico di violenza.

 

L’odio online è un problema reale e urgente che può avere conseguenze devastanti per chi ne è vittima

 

I social media sono uno spazio in cui l’odio si diffonde rapidamente e facilmente, raggiungendo un pubblico vasto e anonimo. Spesso ci si concentra sugli autori di questi gesti, ma si trascurano le dinamiche sociali e interpersonali che contribuiscono a questo fenomeno. I social possono creare un senso di appartenenza e sostegno per coloro che condividono idee e convinzioni di odio. Le persone scrivono messaggi di odio per ottenere una ricompensa sociale in termini di approvazione e di interesse da parte di amici, colleghi e follower. Per entrare a far parte di un gruppo, per divertimento. Forse non pensiamo che tutto questo sia reale. Forse ci dimentichiamo che le vittime dell’odio sui social sono persone che possono subire gravi danni psicologici e fisici per mano di altre persone. Persone che vivono nei nostri quartieri, che frequentano i nostri luoghi abituali e non dei fottuti avatar.

 

 

 

 

Odio sociale

I social media sono strumenti potenti che possono essere utilizzati per promuovere una varietà di finalità, sia positive che negative. La diffusione dell’odio è un esempio di come i social media possono essere utilizzati per pompare contenuti dannosi.

I social media consentono istantanee connessioni con persone che condividono opinioni e convinzioni. Questo può creare un ambiente in cui l’odio può essere amplificato e diffuso molto rapidamente con il grande pubblico. Per questo motivo è difficile fermarlo. I social media sono spesso usati per diffondere disinformazione e fare propaganda. Questo alimenta odio e violenza.

La proliferazione dell’odio online è stata riconosciuta come una delle maggiori sfide per l’industria dei social media. I colossi del web hanno più volte annunciato una netta presa di posizione contro l’incitamento all’odio e il bullismo che spopolano sulle loro piattaforme. Su Instagram tra luglio e settembre dell’anno scorso sono stati bloccati 6,5 milioni di contenuti che incitavano all’odio.

Sondaggi condotti in diversi paesi indicano che la percentuale di giovani che si sono imbattuti in contenuti d’odio sui social arriva sino al 67% con il 21% che ne è stato direttamente vittima.

 

 

 

 

Era solo per scherzare…

L’odio online sui social si manifesta con insulti razzisti, sessisti, religiosi, anti-immigrazione, legati al genere e all’orientamento sessuale, basati sull’etnia, sull’orientamento politico. Un elenco difficile da tenere aggiornato visti i nuovi trend e meme che cercano di affermarsi quotidianamente.

Ma da dove deriva questo odio? È un odio patologico da cui sono affette certe persone? Un odio che nasce nella sfera privata e usa la rete per sfogarsi? Oppure è un odio collettivo per tutti coloro che sono alla ricerca di un riconoscimento, di una riprova sociale?

Centomila persone insieme vogliono quello che, individualmente, non vorrebbero mai scrisse Roberto Gervaso. La riprova sociale è un principio di psicologia sociale che afferma che le persone sono più propense a seguire le azioni degli altri, in particolare quando si tratta di qualcosa di nuovo o che non conosciamo bene. La riprova sociale si basa sulla tendenza delle persone a imitare il comportamento degli altri. Siamo animali sociali e quando vediamo che molte persone fanno qualcosa, è più probabile che lo facciamo anche noi. Questo perché la riprova sociale ci dà la sensazione di essere parte di un gruppo, e che la nostra azione sia giusta.

Gli hater fanno assist, interagiscono tra loro, raccolgono le gratificazioni generate dalle reciproche attenzioni, dai commenti che rimbalzano e amplificano l’odio: fanno amicizia pubblicando dichiarazioni d’odio. Le persone che condividono contenuti dannosi si supportano a vicenda e si incoraggiano a continuare. Questo crea un ambiente in cui l’odio è accettato e persino incoraggiato.

 

 

 

 

Ci sono diversi fattori che contribuiscono alla diffusione dell’odio sui social network

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Anonimato e distanza. I social network offrono un senso di anonimato e distanza che può portare le persone a comportarsi in modo diverso da come farebbero nella vita reale. Si sentono meno responsabili delle proprie parole alimentando un senso di deresponsabilizzazione.

 

Effetto Camera dell’eco. I social network tendono a creare delle camere dell’eco, in cui le persone vengono esposte solo a contenuti che confermano le loro convinzioni. Le informazioni e le idee vengono amplificate e rafforzate dalla comunicazione e dalla ripetizione portando a una distorsione della realtà e a una completa mancanza di comprensione delle opinioni divergenti. L’estremismo e la polarizzazione del dibattito non possono che favorire l’odio.

 

Facilità di diffusione. I social network rendono facile diffondere contenuti d’odio a un gran numero di persone. Questo può portare a un incremento della sua visibilità e alla sua paradossale accettazione, sdoganando pensieri ritenuti “comuni”.

 

Mancanza di moderazione. Le piattaforme social spesso non sono in grado di moderare efficacemente i contenuti d’odio. Questo può portare a una situazione in cui l’odio è ampiamente diffuso e tollerato.

 

 

L’odio online è un serio problema che nello specifico sui social porta a violenza, discriminazione e marginalizzazione. Siamo davanti all’ennesima sfida, non solo tra politica e Big Tech, per ottenere un compromesso tra la tutela della libertà di parola e il divieto di incitamento all’odio. È una questione personale che ci riguarda tutti e, come direbbero gli Elii, la colpa è anche un po’ tua se non ti batti per un mondo migliore.
 

IMMAGINE DI COPERTINA TRATTA DAL FILM BlacKkKlansman.

 

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